MANUALE DI GUERRIGLIA PSICHICA: LA RESISTENZA NARRATIVA DEL FUTURO
In un romanzo che fonde rabbia punk, distopia psichica e critica sociale, Stefano Tevini trasforma la fantascienza in un’arma culturale, un grido di ribellione per chi non si sente ascoltato
La copertina di Manuale diffuso del guerrigliero psichico di Stefano Tevini richiama subito l’idea di un manifesto psichedelico e sovversivo, con cerchi concentrici ipnotici e figure in agitazione. È un biglietto da visita perfetto per un romanzo che vuole essere molto più di una storia di fantascienza: un incantesimo narrativo, un ‘manuale’ di guerriglia mentale e un atto di ribellione culturale. Tevini, già autore del saggio White power, mescola in questo nuovo lavoro la fantasia distopica e la critica sociale, costruendo un’opera che intrattiene e provoca, istruisce e aggredisce - il tutto con uno stile ironico e punk, feroce e colto al tempo stesso.
Struttura narrativa e intreccio da guerriglia psichedelica
La vicenda si svolge in un futuro prossimo distopico (o in un presente alternativo, perché no) in cui vive una minoranza segreta di individui dotati di straordinarie capacità psichiche. Possono leggere nella mente, proiettare la propria presenza a distanza, influenzare emozioni e perfino controllare dispositivi elettronici col pensiero. Per anni questi «portatori di diapason» - così vengono chiamato, alludendo alla vibrazione speciale che genera i loro poteri - sono stati braccati nell’ombra: rapimenti, vivisezioni, esperimenti clandestini ai loro danni. Ora però la resa dei conti è arrivata. L’Ora X sta per scoccare e un misterioso Professore, insieme ai suoi cinque giovani allievi dotati, ha un piano pronto per scatenare la rivolta. Il romanzo segue da vicino le mosse di questo piccolo gruppo di supereroi perseguitati, anarchici e ribelli che ha deciso di fare fronte comune e contrattaccare contro il sistema oppressivo.
Dal punto di vista strutturale, Manuale diffuso del guerrigliero psichico si presenta come primo volume di una nuova saga e costruisce quindi accuratamente un mondo narrativo destinato a espandersi. Tevini organizza la trama come un’operazione di guerriglia in più fasi: c’è la preparazione clandestina, il reclutamento e l’addestramento dei combattenti psichici, e infine l’azione diretta. L’incipit getta subito il lettore nel cuore del conflitto - tre minuti all’ora X, come titola emblematicamente uno dei capitoli iniziali - creando una tensione immediata. Da lì, la narrazione alterna momenti di pianificazione segreta con improvvise irruzioni d’azione e flashback rivelatori sul passato dei protagonisti. Ne risulta un ritmo sostenuto, quasi militante; l’autore marci adeciso attraverso gli eventi, senza digressioni superflue, proprio come un guerrigliero che deve colpire veloce e sparire. E quando il fumo delle prime battaglie si dirada, ci rendiamo conto che questa è solo la prima ondata di una guerra più grande: molte domande restano aperte e nuovi alleati e nemici promettono di emergere nei prossimi capitoli della saga. La struttura del romanzo riesce così a bilanciare la soddisfazione di un arco narrativo compiuto (la «missione» iniziale del Professore e dei suoi allievi) con la curiosità lasciata per il futuro della guerriglia psichica.
Temi contemporanei tra fantascienza e ribellione politica
Pur muovendosi nei territori del fantastico distopico, Manuale diffuso del guerrigliero psichico affronta temi che risuonano fortemente nel nostro presente. Il motivo dell’oppressione della minoranza diversa - in questo caso i telepati, ‘mutanti’ dai poteri mentali - riecheggia metafore note della fantascienza (impossibile non pensare agli X-Men o a Stranger Things). Qui però la metafora si carica di un’urgenza politico attuale: i portatori di diapason di Tevini richiamano alla mente qualunque gruppo marginalizzato perseguitato dal potere dominante. La discriminazione sistematica, la violenza sotterranea di un sistema che prima studia e sfrutta nel segreto e poi reprime con ferocia, sono descritte nel romanzo con toni duri e realistici, che fanno dimenticare presto ogni comfort da “supepoteri”. Il lettore assiste a scene di soprusi e sperimentazione umana che rievocano oscure pagine della storia: dettagli crudi che aggiungono un tocco quasi horror al contesto fantascientifico. Non a caso, la rivista Nocturno ha già segnalato il libro tra i candidati all’horror dell’anno - e in effetti alcune sequenze possiedono un’inquietante visceralità da incubo. Accanto al tema dell’oppressione corre quello della resistenza organizzata. Il romanzo esplora le dinamiche di un gruppo clandestino che decide di passare al contrattacco: c’è il collante dell’’amicizia e dell’ideologia condivisa, ci sono l’entusiasmo e i dubbi di giovani reclute che scoprono di poter finalmente lottare per un futuro diverso. Viene in mente la stagione ribelle degli anni ‘70, le cellule rivoluzionarie e i movimenti antifascisti - solo che qui al posto delle armi da fuoco ci sono armi psichiche e corpi che diventano antenne trasmittenti. È una resistenza 2.0, dove colpire il nemico signiica anche hackerarne i sistemi, comunicare in modo invisibile, usare l’arma della contro-informazione. In questo senso, Tevini attualizza il classico tema fantascientifico della lotta contro il governo oppressore, calandolo nel mondo della sorveglianza digitale e delle guerre mediatiche contemporanee. Il romanzo fa riferimento implicito a un contesto di proteste globali, di dissidenza che sfrutta canali alternativi: è facile leggere tra le righe riferimenti alla nostra realtà, dagli hacktivist stile Anonymous ai movimenti anti-razzisti odierni. La fantascienza sociale di Manuale diffuso colpisce dunque per la sua capacità di parlare del presente attraverso il filtro del futuro prossimo: la ribellione dei telepati diventa una letnte per osservare criticamente fenomeni reali come il suprematismo, la manipolazione delle masse, la necessità di nuove forme di lotta culturale. In definitiva, il contesto in cui si inserisce quest’opera è quello di una nuova ondata di narrativa di genere italiana impegnata e audace. Se negli ultimi anni il panorama internazionale del fantastico ha visto emergere correnti come il new weird o il solarpunk – attente ai temi ecologici, sociali, politici – Tevini propone una variante personale di fantascienza militante. Manuale diffuso del guerrigliero psichico si accosta per certi versi alla tradizione della distopia antifascista (vengono in mente autori come Orwell o Dick nel tocco politico), ma lo fa con un piglio originale, più sporco e incendiario, vicino allo spirito del punk. È un romanzo impregnato di cultura antagonista: nei dialoghi dei personaggi si percepisce la diffidenza verso ogni autorità costituita, nell’intreccio si vedono gli schemi della fantascienza classica piegati a una sensibilità contemporanea (la lotta non è più solo per la libertà individuale, ma per una liberazione collettiva e intersezionale, verrebbe da dire). Tevini insomma non si limita a scrivere di ribellione – costruisce egli stesso, con la sua storia, un atto di ribellione letteraria che punta il dito contro le derive del presente.
Linguaggio e stile: tra saggistica ironica e furia punk
Uno degli aspetti più affascinanti di Manuale diffuso del guerrigliero psichico è il modo in cui è scritto. Tevini adotta un registro ibrido, in bilico fra il tono colto del saggio e quello crudo del romanzo d’azione. Si sente l’eco dei modelli letterari dichiarati: da una parte la prosa può farsi meditativa e ricca di riferimenti, quasi didascalica nel voler spiegare al lettore i meccanismi del potere o i retroscena storici. Dall’altra, soprattutto nelle scene più tese, il linguaggio si incattivisce con gusto: dialoghi rapidi infarciti di sarcasmo, invettive dirette, metafore graffianti. C’è ironia tagliente e c’è rabbia. Ad esempio, quando un personaggio paragona i burocrati del regime a «insetti che strisciano al buio in attesa di nutrirsi delle paure altrui», la frase colpisce come un riff aggressivo: semplice, viscerale, un pugno sul tavolo. Subito dopo però troviamo un periodo lungo, quasi barocco, che analizza con lucidità quasi accademica le radici culturali della violenza di Stato. Questo andamento oscillante tra registri è una caratteristica precisa dello stile di Tevini, e costituisce uno dei suoi punti di forza.
Sul piano lessicale, il romanzo mescola termini ricercati e gergalità pop in modo sapiente. Da un lato non teme di usare il linguaggio della teoria quando serve: ad esempio, discute di “mitopoiesi”, di strategie narrative, di simboli e propaganda – termini che solitamente troveremmo in un saggio di critica culturale, perfettamente in linea con l’anima saggistico-letteraria dell’opera. Dall’altro lato, e spesso nella stessa pagina, ecco apparire espressioni colloquiali, battute sboccate dei giovani guerriglieri, inglesismi e riferimenti alla cultura pop contemporanea. Questo impasto stilistico tiene desto il lettore, conferendo al testo un ritmo spiazzante: non sai mai se la frase successiva conterrà una citazione colta (magari in latino, magari da un classico del fumetto) o una parolaccia ben assestata. E in qualche modo funziona: la voce narrativa risulta credibile sia quando filosofeggia sia quando manda tutto e tutti a quel paese. In più di un passaggio viene voglia di rileggere ad alta voce, tanto la prosa è musicale nei suoi crescendo e improvvisi fortissimo. Tevini aveva dichiarato di voler ottenere una “narrazione densa, piena, vitale, l’esatto contrario di … un romanzo borghese” e possiamo dire che l’esperimento è riuscito: il suo stile è pieno fino all’orlo di idee e di vita, visivamente ricco e sonoro, lontanissimo da qualsiasi minimalismo compassato. Se a tratti questa densità rischia di travolgere (qualche lettore potrebbe trovare certe sezioni quasi troppo cariche, un bombardamento di concetti e immagini), è una scelta consapevole: in un “manuale guerrigliero” non ci si aspetta certo moderazione, e la lingua di Tevini combatte la sua battaglia senza fare prigionieri.
Riferimenti culturali e letterari: da Mind MGMT a The Turner Diaries
Come suggerisce il titolo stesso, Manuale diffuso del guerrigliero psichico pullula di riferimenti espliciti e impliciti, che spaziano dalla cultura pop alla letteratura politica. Tevini non fa nulla per nasconderli – anzi, li rivendica apertamente fin dalla prefazione, quasi fossero i patroni della sua guerriglia narrativa. Tra i riferimenti più evidenti c’è il mondo dei fumetti e dei supereroi. I protagonisti – giovani telepati in lotta contro un sistema autoritario – ricordano da vicino gli eroi mutanti dei comics (l’ombra degli X-Men aleggia, declinata però in salsa anarco-punk: niente tutine sgargianti, qui siamo più dalle parti di giubbotti di pelle e concerti hardcore clandestini). Ma l’influenza fumettistica non si ferma all’iconografia: in più punti il romanzo omaggia specifiche opere. Grant Morrison, celebre sceneggiatore di comics, è citato come un nume tutelare: Tevini dichiara di ispirarsi alla sua «letteratura di idee compresse e poi fatte detonare». In effetti, Manuale diffuso condivide con le opere di Morrison (come The Invisibles o Doom Patrol) la capacità di fondere elementi esoterici, psichedelici e politici in un unico calderone esplosivo. Un altro riferimento fondamentale è il fumetto Mind MGMT di Matt Kindt, da cui Tevini mutua un’idea narrativa centrale: nel suo pantheon personale l’autore chiama Kindt «il primo dio narratore» cui deve «l’idea che sta al centro del Manuale». Per chi non lo conoscesse, Mind MGMT racconta di agenti psichici e complotti, e in particolare mostra personaggi telepati che comunicano tra loro tramite messaggi nascosti nei manifesti, visibili solo ai simili. Boom! – come scrive lo stesso Tevini – un’idea folgorante, che nel romanzo viene rielaborata in modo creativo. Anche in Manuale diffuso infatti la comunicazione nascosta diventa arma rivoluzionaria: dai graffiti sui muri ai meme sul web, la resistenza psichica dissemina istruzioni e racconti virali che solo chi è “sintonizzato” sulla giusta frequenza mentale può percepire. È un bellissimo esempio di come un riferimento esplicito (una trovata fantascientifica altrui) sia stato trasformato qui in un elemento originale dell’intreccio.
Accanto al versante pop e fumettistico, il romanzo dialoga con la tradizione dei testi politici e controculturali. Già il nome “manuale del guerrigliero” fa pensare a titoli come il Manuale del guerrigliero urbano di Carlos Marighella (1969) o ai vari pamphlet rivoluzionari che hanno attraversato il Novecento. Ma Tevini compie un’operazione ancora più mirata, andando a richiamare un testo ben preciso e inquietante: The Turner Diaries. Si tratta del famigerato romanzo-manifesto scritto da William Luther Pierce sotto pseudonimo, considerato il “testo sacro dei suprematisti bianchi” negli Stati Uniti. Nella prefazione, Tevini cita The Turner Diaries come esempio di romanzo usato come manuale d’odio: un’opera di fiction che esplicitamente incita all’azione violenta, con dettagliate istruzioni terroristiche. Non è un caso che l’autore bresciano conosca bene questo riferimento: il suo precedente libro White Power era proprio un saggio dedicato alla narrativa del suprematismo bianco e al ruolo di questi testi nella propaganda fascista. Ebbene, Manuale diffuso del guerrigliero psichico nasce anche come risposta diretta a quel cupo filone narrativo. In un gioco di specchi culturali, Tevini prende l’idea del “romanzo-manuale” e la ribalta in chiave opposta: se The Turner Diaries era un manuale per fomentare una guerra razziale reazionaria, il suo Manuale diffuso diventa un manuale per alimentare una guerriglia mentale libertaria e inclusiva. Questo riferimento non rimane teorico, ma filtra nella storia stessa: ad esempio, l’idea di un libro che circola clandestinamente istruendo i ribelli ricorre nel finale, suggerendo che i protagonisti vogliono diffondere il loro manuale proprio come i terroristi di estrema destra diffusero il loro – ma stavolta per una causa di emancipazione, non di oppressione.
Oltre ai riferimenti espliciti, il testo è disseminato di strizzate d’occhio per lettori attenti. Si va dai richiami letterari classici (nomi di capitoli che parafrasano titoli famosi, citazioni di versi poetici per contrasto ironico in bocca a personaggi inaspettati) a riferimenti di cultura pop più recenti: è facile scorgere allusioni a film cult di fantascienza (Akira, Matrix e Scanner di Cronenberg vengono in mente in alcune sequenze psichiche), o a serie TV come Mr. Robot e Sense8 per il tema della connessione mentale fra outsider in lotta. Ma la bellezza è che nulla di questo appare pedante o postmoderno fine a se stesso: Tevini integra i riferimenti in modo organico, mettendoli al servizio della storia. Quando cita, lo fa per rafforzare un concetto o creare un parallelo significativo, non per sfoggio erudito. Ad esempio, se un personaggio soprannomina un altro “il Professore X” non è solo un ammiccamento ai fumetti Marvel, ma sottolinea la dinamica mentore-allievi nella loro squadra; se in un dialogo compare una frase di Pasolini o un ritornello punk anni ’80, è perché in quell’istante quella citazione assume un valore emotivo e politico per chi parla. In questo modo il romanzo costruisce un tessuto intertestuale ricco ma non gratuito, dove ogni riferimento è un colore in più sul murale narrativo della guerriglia psichica.
Dal saggio White Power alla guerriglia psichica: continuità e trasformazione
Uno degli aspetti più interessanti di Manuale diffuso del guerrigliero psichico è il suo legame profondo con l’opera precedente di Tevini, il saggio White Power. Se White Power (pubblicato nel 2024) analizzava come la narrativa di estrema destra possa fungere da strumento di propaganda e radicalizzazione, questo nuovo romanzo sembra voler mettere in pratica l’idea opposta: usare la narrativa stessa come arma per combattere quella propaganda. Tevini infatti fa tesoro di ciò che ha studiato e ce lo restituisce in forma romanzesca, operando una sorta di inversione strategica. Nella prefazione arriva a invocare simbolicamente proprio William Pierce (l’autore di The Turner Diaries) come “re dell’inferno” al quale rubare il fuoco: «sul tuo incantesimo nero che fonde un romanzo e un manuale operativo ho modellato il mio controincantesimo» scrive Tevini, «ho preso la tua idea e l’ho fatta mia». Il titolo del romanzo «parla da solo» aggiunge, perché Manuale diffuso del guerrigliero psichico «fa lo stesso trucchetto, mutatis mutandis« – solo che, precisa subito dopo, comunicare sotto i radar e fare cultura non è esattamente come «mettere bombe o impiccare la gente per strada». In queste righe cariche di passione c’è tutta la missione dell’autore: rispondere colpo su colpo alla mitologia tossica dell’estrema destra creando una mitologia alternativa, positiva e liberatoria.
Chi ha letto White Power ritroverà nel romanzo molti concetti affrontati lì in forma saggistica, ora tradotti nella trama. Ad esempio, White Power insisteva sul potere dei simboli e narrazioni nel creare movimenti estremisti; Manuale diffuso mostra una contro-narrazione che unisce i ribelli attraverso simboli condivisi (il “diapason” come emblema dei telepati) e racconti sotterranei che danno senso alla loro lotta. Nel saggio si analizzava come testi come The Turner Diaries fungano da mitopoiesi per la destra radicale; nel romanzo vediamo i protagonisti consapevoli del bisogno di scrivere la propria leggenda, di contrapporre un diverso immaginario collettivo a quello imposto dal regime o dai gruppi d’odio. C’è una scena potente in cui il Professore spiega ai ragazzi che ogni rivoluzione ha bisogno delle sue storie, dei suoi martiri e dei suoi eroi: è un momento meta-narrativo che risuona come una lezione appresa dall’autore stesso nelle sue ricerche. Allo stesso modo, la riflessione sul terrorismo “lupo solitario” vs movimento organizzato, presente in White Power, torna qui incarnata nel dibattito interno tra i guerriglieri psichici: agire isolati e violenti o diffondere consapevolezza e costruire una rete? Il romanzo prende nettamente posizione per la seconda opzione, sottolineando l’importanza di comunità e conoscenza condivisa – un chiaro contrappunto ai discorsi suprematisti che esaltano invece l’atto distruttivo individuale.
Si può dunque leggere Manuale diffuso del guerrigliero psichico anche come un completamento narrativo di White Power. Se il saggio smascherava i meccanismi della propaganda nera, il romanzo cerca di mettere in scena una propaganda luminosa (pur “oscura” nei mezzi, perché agisce nell’ombra) che opponga creatività e empatia alla cultura dell’odio. È come se Tevini avesse voluto rispondere non solo teoricamente ma performativamente: dopo aver denunciato “il nemico” nei saggi, ora ha creato un’opera che di per sé è atto di resistenza. Questa continuità arricchisce la lettura per chi conosce entrambi i libri – ed è comunque percepibile anche senza aver letto White Power, perché conferisce al romanzo una coerenza ideologica solida. In un panorama narrativo spesso votato all’evasione, sapere che dietro la fantasia di Tevini c’è una riflessione saggistica concreta sulle dinamiche reali del potere dà peso ulteriore alle sue pagine. Manuale diffuso… non nasce nel vuoto: è figlio del nostro tempo e del lavoro di analisi che l’autore ha condotto sul campo, e questo legame si sente tutto.
Narrazione come dispositivo mitopoietico e strategico
Uno dei punti più originali del romanzo – e quello in cui più si sente l’eco di autori come Grant Morrison – è la concezione della narrazione stessa come arma e rituale. Manuale diffuso del guerrigliero psichico non è soltanto la storia di una guerriglia: è essa stessa un atto di guerriglia narrativa. Tevini esplicita questa idea fin dalle prime pagine, definendo la storia “un incantesimo lanciato dalle profondità di una foresta” dai guerriglieri ribelli, una sortita notturna accompagnata dal rullare dei tamburi. Richiama così l’immagine antica dello sciamano-guerriero che, prima della battaglia, dipinge il volto e invoca gli dei. La prefazione assume la forma di una vera invocazione agli dei narratori: l’autore chiama a raccolta le sue muse (Kindt, Morrison, ma anche il “dio oscuro” Pierce) per ottenere forza e ispirazione. Questo approccio quasi rituale non è solo scena introduttiva, ma permea tutto il romanzo. La narrazione viene utilizzata come dispositivo mitopoietico, ovvero come strumento per creare mito, per forgiare una realtà nuova tramite la parola. I protagonisti stessi, man mano che la vicenda procede, acquisiscono consapevolezza di stare scrivendo un mito: adottano nomi di battaglia, costruiscono simboli condivisi, raccontano episodi esemplari di resistenza che diventano leggende motivazionali per altri potenziali ribelli. C’è uno strato metanarrativo davvero affascinante: mentre leggiamo della guerriglia psichica, assistiamo anche alla guerriglia delle storie all’interno della storia. Ogni personaggio porta il peso di una narrazione passata (il trauma della persecuzione) e contribuisce a crearne una futura (la memoria della rivolta).
Tevini, ispirandosi a Morrison, tratta dunque la storia come un sigillo magico. In termini morrisoniani potremmo dire che Manuale diffuso è concepito come un hypersigil: un lungo rito narrativo volto a produrre effetti nella realtà. L’autore non ne fa mistero, anzi: proclama che questo «non è un libro, è un virus» – una volta aperto, non potrai più tornare indietro; ti troveranno, o troverai noi, avverte attraverso la quarta di copertina come fosse un messaggio dei suoi guerriglieri. Parole che suonano programmatiche e che il romanzo mette in pratica nel finale aperto, quando l’abbattimento di certe barriere mentali lascia intendere che il lettore stesso potrebbe essere chiamato a unirsi alla causa. Questo confine sottile tra fiction e realtà è uno degli elementi più stimolanti (e perturbanti) del libro: ci si ritrova a fine lettura con il dubbio giocoso che il manuale diffuso stia davvero circolando, camuffato da romanzo in vendita, e che chiunque l’abbia letto ne sia ormai parte. È una trovata che richiama certe operazioni di narrativa aumentata tipiche di Grant Morrison o di scrittori come Mark Z. Danielewski (House of Leaves), dove il testo agisce come oggetto vivo.
Sul piano strategico, l’uso della narrazione come arma si esplicita nei metodi dei guerriglieri psichici: essi combattono non solo con i loro poteri, ma diffondendo storie che possano risvegliare altri, seminando dubbi nell’opinione pubblica controllata dal regime, creando caos nell’immaginario imposto dall’alto. Viene mostrato ad esempio come riescano a manipolare i media con fake news liberatorie per smascherare le fake news di regime, oppure come mettano in circolazione un racconto (apparentemente innocuo) che in realtà contiene, tra le righe, istruzioni telepatiche per chi è sensibile. È un gioco di specchi narrativi davvero meta: il romanzo narra di racconti usati come armi, ed è esso stesso un racconto usato come arma. Tevini in questo modo realizza appieno la sua idea di piegare le forze della narrazione al proprio comando.
In definitiva, Manuale diffuso del guerrigliero psichico compie un’operazione raramente vista nella fantascienza nostrana: unisce l’intrattenimento di un romanzo avventuroso con la profondità di un saggio sulla società e con la furia di un manifesto politico. È allo stesso tempo racconto e contro-racconto, mito di formazione e contro-incantesimo lanciato contro i miti oscuri del nostro presente. Una lettura che lascia stimolati e inquieti, divertiti e combattivi. In un periodo storico in cui l’immaginario collettivo è terreno di scontro (basti pensare alle fake news, alla propaganda online, alla lotta per i diritti narrata attraverso film e libri), l’idea di una guerriglia psichica condotta a colpi di storie risulta quantomai potente e azzeccata. Stefano Tevini, con la precisione del saggista e la sfrontatezza del punk, ci consegna una narrazione che non è solo specchio dei tempi, ma anche arma affilata da brandire. E dopo aver chiuso il libro, è difficile non sentirsi un po’ arruolati anche noi, pronti a diffondere il virus della consapevolezza e magari a scrivere nuovi capitoli di questa guerriglia dell’immaginazione.
In sintesi, Manuale diffuso del guerrigliero psichico è una prova narrativa coraggiosa e riuscita, che conferma Stefano Tevini come una voce originale nel panorama della letteratura di genere italiana. Un romanzo che riesce a essere molte cose insieme – horror politico, avventura sci-fi, pamphlet satirico, manuale di resistenza – senza perdere coerenza né mordente. La struttura avvincente, i temi impegnativi trattati con intelligenza, il linguaggio vivace e i continui rimandi culturali ne fanno un’esperienza di lettura ricca e spiazzante. È un libro che evoca e invoca, come nei rituali antichi e nelle canzoni punk: evoca le paure e le speranze del presente, invoca chi legge a prendere posizione. Una recensione non può svelare tutti i suoi segreti senza togliere il piacere della scoperta, ma una cosa è certa: chi deciderà di sfogliare questo manuale anomalo si troverà coinvolto in qualcosa di più di una semplice storia. E, parafrasando le ultime righe del romanzo, “la guerriglia è cominciata, ti unirai a noi?”