IL SILENZIO DELLA NOSTRA STORIA: FILIPPO FAUSTINELLI
Dalla migrazione al lavoro coatto: la vicenda di un pontino travolto dalla macchina di sterminio pensata dal nazismo. Ancora un altro episodio nascosto della storia della nostra città.
La notizia viene data dal sito tuttostpauli.com, agenzia di stampa politico sportiva: l’installazione di una pietra d’inciampo il 3 dicembre 2024, dedicata a Filippo Faustinelli. La vicenda che portò alla sua morte, si colloca in un crocevia tra le politiche migratorie del regime fascista, gli accordi con la Germania nazista e la trasformazione dei lavoratori italiani in prigionieri di guerra e manodopera schiavizzata. Una storia che, nel suo tragico epilogo, ci permette di riflettere sulla complessità della Storia e sulle dinamiche di consenso e coercizione che hanno segnato le dittature (fascista e nazista). Ancora un’altra pagina per L’Altra Storia di Latina. Dopo l’intitolazione del Teatro Moderno a Don Armando Alessandrini, dopo la pietra d’inciampo per Gina Piazza e dopo la richiesta di celebrare la Giornata della Liberazione di Littoria. Grazie a Valeria Campagna, intervenuta durante la cerimonia di deposizione della pietra d’inciampo ad Amburgo, per aver coinvolto la comunità cittadina e provinciale nel ricordare questo episodio troppo a lungo tenuto nascosto. E per aver presentato la mozione in Consiglio comunale a Latina affinché venga realizzata una targa e per aver coinvolto il Sindaco Lidano Lucidi e l’amministrazione comunale di Sezze.
La storia di Filippo Faustinelli: dal lavoro alla deportazione
Nel 1941, Filippo Faustinelli, nato a Sezze e residente a Littoria, venne mandato in Germania nell’ambito degli accordi tra il regime fascista e quello nazista. Questi accordi prevedevano l’invio di manodopera italiana per sostenere lo sforzo bellico tedesco, un modo per cementare l’alleanza tra i due regimi e alleviare la disoccupazione in Italia.1 I lavoratori italiani, attratti da promesse di guadagni e opportunità ma a volte anche costretti a trasferirsi nel caso non vi fossero volontari, si trovarono spesso in condizioni precarie, già lontane dall’immagine propagandistica che ne accompagnava la partenza.2
Con l’armistizio dell’8 settembre 1943, la situazione di Faustinelli e di migliaia di altri lavoratori cambiò radicalmente. Considerati nemici dallo stato tedesco, furono classificati come prigionieri di guerra e costretti a lavorare in condizioni di schiavitù.3 Per Faustinelli, il dramma culminò nel giugno 1944, quando fu arrestato - probabilmente in seguito a uno sciopero o comunque a una protesta - e trasferito nel campo di concentramento di Neuengamme - attivo già dal 1938 e nato come sottocampo di Sachsenhausen - dove morì il 3 dicembre dello stesso anno.4
Il contesto storico: migrazioni e coercizione
La migrazione italiana verso la Germania nazista fu inizialmente una scelta pilotata dalla propaganda fascista, che vedeva nel lavoro all’estero un’opportunità per consolidare il consenso interno e dimostrare l’efficacia delle politiche del regime.5 Tuttavia, la realtà era ben diversa: i lavoratori italiani affrontavano spesso condizioni durissime, aggravate dalla totale mancanza di tutele.
Dopo l’8 settembre 1943, la Germania nazista trasformò questi lavoratori in prigionieri di guerra, utilizzandoli come manodopera a basso costo per sostenere la propria economia bellica.6 Questo passaggio riflette la brutalità del sistema nazista, che integrava coercizione e propaganda per mantenere il controllo su milioni di persone.7
Un parallelo con Gina Piazza
La storia di Faustinelli si intreccia idealmente con quella di Gina Piazza, un’altra figura simbolica di Latina. Arrestata nel 1943 per la sua identità ebraica alla stazione di Littoria, in base a una ordinanza emessa dalla Repubblica Sociale Italiana, Piazza fu deportata prima ad Auschwitz e poi a Dachau, riuscendo comunque a sopravvivere all’orrore dei campi di sterminio.8
Se Faustinelli rappresenta il lato “funzionale” dello sfruttamento nazista, legato al lavoro coatto, Piazza incarna la dimensione ideologica dell’oppressione, fondata sull’antisemitismo. Entrambe le storie, pur diverse, testimoniano come la violenza nazista travolgesse ogni ambito della società.
Dinamiche di consenso e repressione
Il caso di Faustinelli non può essere compreso appieno senza considerare il contesto di consenso e coercizione che caratterizzava i regimi fascista e nazista. Come evidenziato dalla documentazione, la propaganda svolgeva un ruolo centrale nel giustificare politiche di sfruttamento, rappresentandole come necessarie per il bene collettivo.9 Al tempo stesso, la coercizione selettiva, attraverso arresti e deportazioni, assicurava che ogni resistenza fosse soffocata.10
Conclusioni: la grande Storia nelle piccole storie
La vicenda di Filippo Faustinelli illumina uno degli aspetti meno conosciuti della Seconda Guerra Mondiale: il destino dei lavoratori italiani in Germania, passati da migranti a schiavi. Il suo sacrificio, insieme a quello di tanti altri, ci ricorda che la grande Storia travolge le vite dei singoli, in questo caso stritolati dai meccanismi di sterminio.
Raccontare storie come quella di Faustinelli e Piazza significa non solo onorare la loro memoria, ma anche comprendere le dinamiche di consenso, propaganda e coercizione che hanno segnato uno dei periodi più bui della nostra Storia. Proprio in vista della celebrazione del Centenario della nostra città, la riscoperta di queste piccole-grandi storie ci offre uno strumento prezioso per riflettere sul passato della nostra comunità, del nostro territorio, per garantire che tali tragedie non si ripetano perché la memoria è viva, nel non dimenticare e nel ricordare quei soggetti che ne vennero travolti.
S. Rinauro, LE STATISTICHE UFFICIALI DELL'EMIGRAZIONE ITALIANA TRA PROPAGANDA POLITICA E INAFFERRABILITÀ DEI FLUSSI, in Quaderni storici, AGOSTO 2010, NUOVA SERIE, Vol. 45, N° 134 (2). Fonti statistiche per la storia economica dell’Italia unita (Agosto 2010), pp. 393-417.
G. D’amico - M. Patti, Introduzione a Migrazioni e fascismo, in Meridiana n° 92 (2018), pp. 9-24.
Ibid.
P. Corner, Consenso e coercizione. L'opinione popolare nella Germania nazista e nell'Italia fascista, in Contemporanea, luglio 2003, Vol. 6, n° 3 (luglio 2003), pp. 425-445.
Rinauro, Emigrazione italiana tra propaganda politica e inafferrabilità dei flussi, cit., p. 403.
Corner, Consenso e coercizione, cit., p. 432.
E. Drudi, Non ha dato prova di serio ravvedimento, Firenze, Giuntina, 2014.
Corner, Consenso e coercizione, cit., p. 438.
Ivi, p. 441.
È la prima volta che leggo di questi accordi tra Italia e Germania per la somministrazione di manodopera durante la guerra, non ricordo che l 'argomento fosse riportato su nessun testo scolastico studiato. Vista la ciclicità della storia che ci ricorda da dove veniamo , chi siamo e soprattutto in che direzione stiamo andando sarebbe opportuno far conoscere alle nuove e alle vecchie generazioni storie come queste per contribuire alla formazione di una coscienza collettiva anti fascista, anche perché l 'attuale momento politico in Europa e non solo tra il conflitto in Ucraina, la questione Palestinese bene si presta a manipolazioni delle coscienze di persone distratte dal "superfluo".
Antonio